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L’Economia della Previdenza Sociale in un modello di circuito monetario

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  In questo paper, seguendo la tradizione italiana della teoria del Circuito Monetario, proponiamo un’estensione del modello pensato da Augusto Graziani al fine di includervi anche i sistemi pensionistici ed i loro effetti reali e finanziari.  Il framework teorico proposto evidenzia infatti il ruolo dei meccanismi distributivi previdenziali per il mondo della finanza e svela anche i rischi macroeconomici finanziari che i fondi pensione gestiti dalle grandi società finanziarie possono avere nei Paesi finanziariamente più deboli come l’Italia. Il modello, inoltre, dimostra che ciò di cui più necessitano i sistemi pensionistici è semplicemente una lungimirante politica economica in grado di incrementare crescita e produttività, combinata con una politica di distribuzione del reddito pro-labour. Leggi l’articolo: clicca qui  

L’Italia nella duplice morsa dell’inflazione dei prezzi e della stagnazione dei salari

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Crescita dei prezzi, da un lato, e crescita stagnante dei salari, dall’altro, hanno reso i redditi da lavoro italiani tra i più deboli delle economie occidentali. Necessario adottare politiche salariali coraggiose in grado di invertire questo trend, far recuperare potere d’acquisto ai lavoratori dipendenti e sostenere la domanda aggregata dell’economia. Un mio contributo si Lavoro@Confronto Leggi l’articolo: clicca qui  https://www.lavoro-confronto.it/archivio/numero-60/litalia-nella-duplice-morsa-dellinflazione-dei-prezzi-e-della-stagnazione-dei-salari

La riduzione dell’orario di lavoro oggi e i possibili effetti in Italia

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  Sono tanti gli esperimenti nel mondo. Meno in Italia. Quali sono gli effetti e perché di una riduzione dell’orario di lavoro al giorno d’oggi? E quali potrebbero essere gli effetti, ad esempio, nella Pubblica Amministrazione?  Una mia riflessione sulla rivista Lavoro@Confronto della Fondazione Prof. Massimo D'Antona. LEGGI L'ARTICOLO: CLICCA QUI

Reddito minimo, qualità dell’occupazione e questione salariale

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  Salari più alti e condizioni di lavoro migliori (anche) grazie a misure come il Reddito di cittadinanza. Un'analisi dei primi studi sull’impatto del RdC sulla povertà, sull’occupazione e, sebbene spesso trascurati nel dibattito corrente, anche sulla “qualità” dell’occupazione e sul livello medio dei salari. Una mia riflessione sulla rivista Lavoro@Confronto della Fondazione Prof. Massimo D'Antona. LEGGI L'ARTICOLO: CLICCA QUI

La MMT spiega la crisi dell'Eurozona ed il ruolo della moneta? Commento a Bonetti e Paesani

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In risposta al dibattito lanciato sulla MMT da Alessandro Bonetti e Paolo Paesani su Etica e Economia, in questo saggio mi chiedo se la " Teoria Monetaria Moderna " riesca a cogliere il marxiano D-M-D' , per cui i processi produttivi si innescano solo per l’aspettativa di ottenere un maggior profitto monetario . Ed, inoltre, anche se essa riesca a cogliere i rischi di instabilità finanziaria alla Minsky. Il rischio, infatti, è che la MMT trascuri quello che accade nel cuore dei processi produttivi e del conflitto capitale-lavoro e, a causa di un'impostazione cartalista sul ruolo della moneta, anche quello che accade nel settore del credito privato delle economie capitalistiche. Un mio commento sul Menabò. Leggi l'articolo su Etica e Economia:  clicca qui  

Digitale e Pubblico: una politica per favorire la ripresa post-emergenza CoVID-19

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di Francesco Russo e Angelantonio Viscione La crisi da Coronavirus ha impresso una notevole accelerazione al processo di distruzione creatrice guidato dalla digitalizzazione dell'economia. Su economiaepolitica.it tracciamo alcune direttrici per un intervento pubblico  lungimirante e  coraggioso. Leggi l'articolo su economiaepolitica.it LEGGI TUTTI I POST SUL  CORONAVIRUS  CLICCA QUI

Competitività e sviluppo nella città metropolitana di Napoli

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con Corbo P. e Realfonzo R. Dieci anni dopo lo scoppio della crisi, Napoli è ancora la capitale economica e sociale del Mezzogiorno ma il divario con le altre grandi città metropolitane (su tutte, Milano, Roma e Torino) si è ulteriormente approfondito. La Città Metropolitana di Napoli ha urgenza di un Piano Strategico che definisca le linee di sviluppo per la metropoli e impegni per la sua realizzazione le istituzioni e gli attori sociali. Questo volume – risultato di uno sforzo prodotto dalla Scuola di Governo del Territorio e dal sistema delle Università campane, oltre che di un denso Convegno che ha messo a confronto tecnici, operatori e amministratori pubblici – invita alla riflessione sulle strategie per il futuro della città metropolitana e avanza proposte di merito. Al centro dell’analisi vengono posti i nodi dello sviluppo strategico, a partire dalla questione della competitività del tessuto produttivo e del contesto territoriale, e affrontate anche le problematiche rela...

Una stima degli effetti della manovra e delle alternative possibili

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di Riccardo Realfonzo e Angelantonio Viscione Con diverse tecniche di stima dei moltiplicatori degli stimoli fiscali mostriamo che la manovra economica del governo per il 2019 ha un impatto molto modesto sulla crescita perché trascura gli investimenti, non presenta un disegno di politica industriale e non muta le condizioni del lavoro. Al contrario, una diversa composizione della manovra , anche a saldi invariati ma con risorse dimezzate sulle misure-simbolo e corrispondenti maggiori investimenti, avrebbe raddoppiato l’impatto positivo sulla crescita. Inoltre, portando il deficit al 2,4% e spostando le risorse aggiuntive sugli investimenti, tutte le stime mostrano che l’impatto espansivo sarebbe addirittura triplicato. Continua su economiaepolitica.it

Il pensiero economico dominante scopre la politica fiscale?

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I modelli economici mainstream hanno commesso grandi errori di previsione, soprattutto durante gli anni della crisi, e questo ha spinto alcuni economisti a rivisitarli per avvicinarli maggiormente alla realtà. I cambiamenti proposti restano però vani: il pensiero economico dominante affonda comunque le sue radici in invadenti e controverse teorie neoclassiche. Continua su Economia e Politica

Squilibrio: recensione a Lucarelli e Romano (2017)

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Stimolare la domanda e gli investimenti non sempre garantisce una crescita stabile del sistema economico. Lucarelli e Romano in “Squilibrio” (Ediesse, 2017) si servono dei preziosi contributi della teoria economica critica per spiegare la complessa dinamica dello sviluppo capitalistico e individuare il ruolo dello Stato nei cambiamenti strutturali dell’economia. Continua su Economia e Politica

Debito pubblico: le controverse teorie della Commissione europea

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La Commissione europea ha di recente imposto al governo italiano di approvare una nuova manovra correttiva per ridurre il proprio deficit di bilancio . In altre parole, ci viene chiesto ancora una volta di rispettare rigidi vincoli sui conti pubblici con l’obiettivo dichiarato di abbattere progressivamente il debito pubblico [1] .  Dietro queste “raccomandazioni” si celano teorie economiche di ispirazione neoclassica  che la stessa Commissione europea ha richiamato espressamente nei propri documenti ufficiali [2] . Continua su Economia e Politica

La competitività italiana. Le imprese, i territori, le cittàmetropolitane, AA VV, Franco Angeli

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Questo Rapporto prende in esame la competitività dei sistemi produttivi, dei territori e delle città metropolitane italiane mediante alcuni indicatori innovativi, che si propongono di superare le difficoltà teorico-metodologiche presenti nei più noti studi delle istituzioni internazionali. L’esame viene condotto mediante l’elaborazione di due indicatori relativi alla dotazione produttiva e al contesto territoriale, e di un indice sintetico che tiene conto di queste due “dimensioni” della competitività. Le elaborazioni muovono da dati ufficiali, si spingono al livello delle province e delle città metropolitane e i risultati sono di sicuro interesse. Emergono, infatti, informazioni nuove e un quadro del Paese meno consueto e più articolato rispetto alle rappresentazioni abituali, in cui ad esempio alcune realtà territoriali settentrionali registrano performance inferiori ad altre meridionali e in cui le disparità nelle dotazioni infrastrutturali e produttive delle città metropolitane em...

Brexit o remain? Ovvero la guerra commerciale anglo-tedesca (con Riccardo Realfonzo)

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Gli squilibri delle bilance commerciali e i profondi processi di divergenza in atto nell’Unione Europea: sono queste le ragioni macroeconomiche di fondo del referendum sulla Brexit. Questioni con le quali, qualunque sarà l’esito del referendum, l’Europa dovrà fare i conti. Il referendum sulla Brexit fa suonare un nuovo campanello d’allarme sugli squilibri macroeconomici che dominano l’Unione Europea. Come già rilevato dal “ monito degli economisti ” pubblicato nel 2013 dal  Financial Times , l’Europa è preda di  processi di divergenza  interna sempre più intensi, che allontano ogni giorno di più i Paesi periferici, Italia inclusa, dai ritmi di crescita della Germania. Questi squilibri crescenti interessano anche i conti con l’estero dei Paesi europei ed è qui che riposano le principali ragioni economiche che hanno spinto parte dei britannici a invocare una uscita dall’Unione. A ben vedere, infatti, il principale problema che investe il Regno Unito, accentuatosi...

The Real Effects of a Euro Exit: Lessons from the Past (w/ Riccardo Realfonzo), International Journal of Political Economy

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Abstract:  In the debate between supporters and critics of the euro, the opposing ideological extremes have gotten it wrong. The most important lesson we can learn from the experience of the past is that the outcome, in terms of growth, distribution, and employment, depends on how a country remains in the euro; or, in the case of a euro exit, on the quality of the economic policies that are put in place once the country regains control of monetary and fiscal matters, and not on the fact of abandoning the previous exchange system. At the same time, historical experience suggests that countries with higher per capita income and more stable political institutions would be more likely to benefit from a euro exit.   Link:  International Journal of Political Economy Realfonzo R., Viscione A., “The Real Effects of a Euro Exit: Lessons from the Past”, International Journal of Political Economy, 2015, vol. 44, n. 3, pp. 161-173, ISSN 0891-1916

Costi ed efficienza dell’amministrazione pubblica italiana nel confronto internazionale (w/ Riccardo Realfonzo), Rivista Giuridica del Lavoro e della Previdenza sociale

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Abstract: Nel contributo, gli Autori dimostrano come, dal confronto internazionale, il numero complessivo e le retribuzioni dei lavoratori pubblici italiani non risultino elevati. Cio nonostante, negli ultimi anni si è assistito a rilevanti tagli orizzontali della spesa per la p.a. nella logica esclusiva di riequilibrare le finanze pubbliche, senza procedere alla riorganizzazione dei servizi. La pubblica amministrazione italiana ha invece problemi di efficienza che possono essere risolti attraverso la riqualificazione della spesa e alcuni investimenti nel ricambio generazionale. Link: Rivista Giuridica del Lavoro e della Previdenza sociale Realfonzo R. e Viscione A., “Costi ed efficienza dell’amministrazione pubblica italiana nel confronto internazionale”, Rivista Giuridica del Lavoro e della Previdenza sociale , 2015, n. 3, pp. 497-515, ISSN 0392-7229. LEGGI TUTTI I POST SULLA  PUBBLICA AMMINISTRAZIONE  C LICCA QUI

The Effects of a Euro Exit on Growth, Employment, and Wages (w/ Riccardo Realfonzo), Levy Economics Institute

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Abstract: A technical analysis shows that the doomsayers who support the euro at all costs and those who naively theorize that a single currency is the root of all evil are both wrong. A euro exit could be a way of getting back to growth, but at the same time it would entail serious risks, especially for wage earners. The most important lesson we can learn from the experience of the past is that the outcome, in terms of growth, distribution, and employment, depends on how a country remains in the euro; or, in the case of a euro exit, on the quality of the economic policies that are put in place once the country regains control of monetary and fiscal matters, rather than on abandoning the old exchange system as such. It all depends on how a country stays in the eurozone, or on how it leaves if need be. Link: Levy Economics Institute Realfonzo R. e Viscione A., “The effects of an exit from the euro on growth, employment andwages”, Levy Economics Institute, 2015, working paper n....

Perchè l'abenomics delude: QE ed austerità

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Durante una prima fase dell’Abenomics, il Giappone adotta politiche fiscali e monetarie espansive con effetti positivi su crescita e inflazione. Successivamente, il governo aumenta la tassa sui consumi, affidando il compito di stimolare la ripresa alla sola politica monetaria, e il Giappone si riscopre presto in recessione. Un monito per l’eurozona ai tempi del Quantitative Easing di Draghi. Continua su Economia e Politica Durante una prima fase dell’Abenomics, il Giappone adotta politiche fiscali e monetarie espansive con effetti positivi su crescita e inflazione. Successivamente, il governo aumenta la tassa sui consumi, affidando il compito di stimolare la ripresa alla sola politica monetaria, e il Giappone si riscopre presto in recessione. Un monito per l’eurozona ai tempi del Quantitative Easing di Draghi. - See more at: http://www.economiaepolitica.it/politiche-economiche/perche-labenomics-delude-qe-ed-austerita/#sthash.H4gDQjK6.dpuf Durante ...

Gli effetti di un’uscita dall’euro su crescita, occupazione e salari

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L’analisi tecnica dimostra che hanno torto sia i catastrofisti sostenitori dell’euro senza se e senza ma sia gli ingenui teorici della moneta unica come origine di tutti i mali. L’euroexit potrebbe essere una strada per tornare a crescere, ma al tempo stesso cela gravi rischi, soprattutto per il mondo del lavoro. A ben vedere, tutto dipende da come si resta nell’euro e da come, eventualmente, se ne esce.  Continua su Economia e Politica L’analisi tecnica dimostra che hanno torto sia i  catastrofisti sostenitori dell’euro senza se e senza ma  sia gli ingenui teorici del la moneta unica come origine di tutti i mali. L’euroexit potrebbe essere una strada per tornare a crescere, ma al tempo stesso cela gravi rischi, soprattutto per il mondo del lavoro. A ben vedere, tutto dipende da come si resta nell’euro e da come , eventualmente, se ne esce. - See more at: http://www.economiaepolitica.it/primo-pian...

Eurocrisi: il conto alla rovescia non si è fermato

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L’Unione monetaria europea sta accelerando la corsa verso la deflagrazione. Con la crisi intervenuta sul finire del 2007, l’eurozona non è più cresciuta e i processi di divergenza tra le aree centrali e quelle periferiche si sono intensificati, divenendo quasi irresistibili. La tesi della Commissione Europea – secondo cui la moneta unica e l’integrazione commerciale, combinate con le politiche di austerità e la flessibilità del mercato del lavoro, aumenterebbero la coesione tra i Paesi Europei – ha perso ogni credibilità.[1] È ormai evidente che, continuando con le politiche attuali, e con l’impossibilità di compensare gli squilibri macroeconomici mediante le svalutazioni, l’esplosione dell’euro è solo una questione di tempo, come se avessimo da tempo innescato una bomba a orologeria.  Continua su Economia e Politica  

L’esempio USA: una politica espansiva contro la disoccupazione

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L’Italia e l’Unione europea scelgono di affrontare la crisi del 2008 con politiche di austerità, in particolare con tagli alla spesa pubblica, e di ignorare appelli contrari come la Lettera degli economisti che già nel 2010 mette in guardia sulle conseguenze in termini di elevata disoccupazione e sui rischi di tenuta dell’eurozona. Negli Stati Uniti, invece, nel 2009 viene adottata una politica espansiva da 800 miliardi di dollari come l’ American Recovery and Reinvestment Act (ARRA) . Il dibattito sulla sua efficacia si accende sin dai primi annunci. Nel gennaio 2009 duecento economisti, tra cui Michele Boldrin e Alberto Bisin, firmano un appello per esprimere il proprio parere contrario e proporre tagli sia alla spesa pubblica che alle tasse, mentre economisti favorevoli alla politica espansiva, come Paul Krugman e Joseph Stiglitz, criticano lo stimolo per i motivi opposti, considerandolo insufficiente [1] . Continua su Economia e Politica