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Visualizzazione dei post con l'etichetta Economia e Politica

L’Economia della Previdenza Sociale in un modello di circuito monetario

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  In questo paper, seguendo la tradizione italiana della teoria del Circuito Monetario, proponiamo un’estensione del modello pensato da Augusto Graziani al fine di includervi anche i sistemi pensionistici ed i loro effetti reali e finanziari.  Il framework teorico proposto evidenzia infatti il ruolo dei meccanismi distributivi previdenziali per il mondo della finanza e svela anche i rischi macroeconomici finanziari che i fondi pensione gestiti dalle grandi società finanziarie possono avere nei Paesi finanziariamente più deboli come l’Italia. Il modello, inoltre, dimostra che ciò di cui più necessitano i sistemi pensionistici è semplicemente una lungimirante politica economica in grado di incrementare crescita e produttività, combinata con una politica di distribuzione del reddito pro-labour. Leggi l’articolo: clicca qui  

Pensioni e teoria economica: liberare il dibattito dai pregiudizi

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Il dibattito sulla sostenibilità del sistema previdenziale, negli ultimi anni sempre più orientato verso l’espansione della previdenza complementare gestita dai fondi privati, spesso non fa i conti con alcuni limiti di simili schemi pensionistici. Dal punto di vista della teoria economica, l’origine di certi “equivoci” va ricercata nei poco realistici assunti ereditati dalla tradizione neoclassica che ritroviamo oggi alla base dei ragionamenti che dominano il dibattito sulla previdenza sociale.  Ecco perchè, accanto agli aspetti finanziari del bilancio previdenziale, è dunque fondamentale anche garantire politiche economiche di ampio respiro orientate all’innovazione ed alla crescita, così come riforme pro-labour – come quelle orientate ad aumentare i minimi salariali, a rafforzare la contrattazione collettiva e a ridurre la flessibilità nel mercato del lavoro – che siano capaci di assicurare una più equa distribuzione del reddito tra capitale e lavoro. Leggi l'articolo su Economia...

Digitale e Pubblico: una politica per favorire la ripresa post-emergenza CoVID-19

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di Francesco Russo e Angelantonio Viscione La crisi da Coronavirus ha impresso una notevole accelerazione al processo di distruzione creatrice guidato dalla digitalizzazione dell'economia. Su economiaepolitica.it tracciamo alcune direttrici per un intervento pubblico  lungimirante e  coraggioso. Leggi l'articolo su economiaepolitica.it LEGGI TUTTI I POST SUL  CORONAVIRUS  CLICCA QUI

La nuova Economia e Politica

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La nuova Economia e Politica è online: nuova architettura, nuova veste grafica e nuova mappatura degli autori.  Naviga nel nostro nuovo sito: clicca qui

Forum dell'Economia CGIL 2019

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M ercoledì 20 marzo 2019 , presso la sala Santi della sede della CGIL a Roma, la confederazione sindacale ha convocato il Coordinamento Politiche economiche, insieme al  Forum dell'Economia e al Laboratorio fiscale. L'argomento principale dei lavori è stata la discussione preliminare sul Documento di Economia e Finanza 2019, alla quale il prof. Riccardo Realfonzo ed io abbiamo partecipato mostrando i risultati del nostro studio " Una stima degli effetti della manovra e delle alternative possibili ".

Una stima degli effetti della manovra e delle alternative possibili

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di Riccardo Realfonzo e Angelantonio Viscione Con diverse tecniche di stima dei moltiplicatori degli stimoli fiscali mostriamo che la manovra economica del governo per il 2019 ha un impatto molto modesto sulla crescita perché trascura gli investimenti, non presenta un disegno di politica industriale e non muta le condizioni del lavoro. Al contrario, una diversa composizione della manovra , anche a saldi invariati ma con risorse dimezzate sulle misure-simbolo e corrispondenti maggiori investimenti, avrebbe raddoppiato l’impatto positivo sulla crescita. Inoltre, portando il deficit al 2,4% e spostando le risorse aggiuntive sugli investimenti, tutte le stime mostrano che l’impatto espansivo sarebbe addirittura triplicato. Continua su economiaepolitica.it

Il pensiero economico dominante scopre la politica fiscale?

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I modelli economici mainstream hanno commesso grandi errori di previsione, soprattutto durante gli anni della crisi, e questo ha spinto alcuni economisti a rivisitarli per avvicinarli maggiormente alla realtà. I cambiamenti proposti restano però vani: il pensiero economico dominante affonda comunque le sue radici in invadenti e controverse teorie neoclassiche. Continua su Economia e Politica

Squilibrio: recensione a Lucarelli e Romano (2017)

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Stimolare la domanda e gli investimenti non sempre garantisce una crescita stabile del sistema economico. Lucarelli e Romano in “Squilibrio” (Ediesse, 2017) si servono dei preziosi contributi della teoria economica critica per spiegare la complessa dinamica dello sviluppo capitalistico e individuare il ruolo dello Stato nei cambiamenti strutturali dell’economia. Continua su Economia e Politica

Debito pubblico: le controverse teorie della Commissione europea

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La Commissione europea ha di recente imposto al governo italiano di approvare una nuova manovra correttiva per ridurre il proprio deficit di bilancio . In altre parole, ci viene chiesto ancora una volta di rispettare rigidi vincoli sui conti pubblici con l’obiettivo dichiarato di abbattere progressivamente il debito pubblico [1] .  Dietro queste “raccomandazioni” si celano teorie economiche di ispirazione neoclassica  che la stessa Commissione europea ha richiamato espressamente nei propri documenti ufficiali [2] . Continua su Economia e Politica

Brexit o remain? Ovvero la guerra commerciale anglo-tedesca (con Riccardo Realfonzo)

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Gli squilibri delle bilance commerciali e i profondi processi di divergenza in atto nell’Unione Europea: sono queste le ragioni macroeconomiche di fondo del referendum sulla Brexit. Questioni con le quali, qualunque sarà l’esito del referendum, l’Europa dovrà fare i conti. Il referendum sulla Brexit fa suonare un nuovo campanello d’allarme sugli squilibri macroeconomici che dominano l’Unione Europea. Come già rilevato dal “ monito degli economisti ” pubblicato nel 2013 dal  Financial Times , l’Europa è preda di  processi di divergenza  interna sempre più intensi, che allontano ogni giorno di più i Paesi periferici, Italia inclusa, dai ritmi di crescita della Germania. Questi squilibri crescenti interessano anche i conti con l’estero dei Paesi europei ed è qui che riposano le principali ragioni economiche che hanno spinto parte dei britannici a invocare una uscita dall’Unione. A ben vedere, infatti, il principale problema che investe il Regno Unito, accentuatosi...

Perchè l'abenomics delude: QE ed austerità

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Durante una prima fase dell’Abenomics, il Giappone adotta politiche fiscali e monetarie espansive con effetti positivi su crescita e inflazione. Successivamente, il governo aumenta la tassa sui consumi, affidando il compito di stimolare la ripresa alla sola politica monetaria, e il Giappone si riscopre presto in recessione. Un monito per l’eurozona ai tempi del Quantitative Easing di Draghi. Continua su Economia e Politica Durante una prima fase dell’Abenomics, il Giappone adotta politiche fiscali e monetarie espansive con effetti positivi su crescita e inflazione. Successivamente, il governo aumenta la tassa sui consumi, affidando il compito di stimolare la ripresa alla sola politica monetaria, e il Giappone si riscopre presto in recessione. Un monito per l’eurozona ai tempi del Quantitative Easing di Draghi. - See more at: http://www.economiaepolitica.it/politiche-economiche/perche-labenomics-delude-qe-ed-austerita/#sthash.H4gDQjK6.dpuf Durante ...

Gli effetti di un’uscita dall’euro su crescita, occupazione e salari

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L’analisi tecnica dimostra che hanno torto sia i catastrofisti sostenitori dell’euro senza se e senza ma sia gli ingenui teorici della moneta unica come origine di tutti i mali. L’euroexit potrebbe essere una strada per tornare a crescere, ma al tempo stesso cela gravi rischi, soprattutto per il mondo del lavoro. A ben vedere, tutto dipende da come si resta nell’euro e da come, eventualmente, se ne esce.  Continua su Economia e Politica L’analisi tecnica dimostra che hanno torto sia i  catastrofisti sostenitori dell’euro senza se e senza ma  sia gli ingenui teorici del la moneta unica come origine di tutti i mali. L’euroexit potrebbe essere una strada per tornare a crescere, ma al tempo stesso cela gravi rischi, soprattutto per il mondo del lavoro. A ben vedere, tutto dipende da come si resta nell’euro e da come , eventualmente, se ne esce. - See more at: http://www.economiaepolitica.it/primo-pian...

Eurocrisi: il conto alla rovescia non si è fermato

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L’Unione monetaria europea sta accelerando la corsa verso la deflagrazione. Con la crisi intervenuta sul finire del 2007, l’eurozona non è più cresciuta e i processi di divergenza tra le aree centrali e quelle periferiche si sono intensificati, divenendo quasi irresistibili. La tesi della Commissione Europea – secondo cui la moneta unica e l’integrazione commerciale, combinate con le politiche di austerità e la flessibilità del mercato del lavoro, aumenterebbero la coesione tra i Paesi Europei – ha perso ogni credibilità.[1] È ormai evidente che, continuando con le politiche attuali, e con l’impossibilità di compensare gli squilibri macroeconomici mediante le svalutazioni, l’esplosione dell’euro è solo una questione di tempo, come se avessimo da tempo innescato una bomba a orologeria.  Continua su Economia e Politica  

L’esempio USA: una politica espansiva contro la disoccupazione

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L’Italia e l’Unione europea scelgono di affrontare la crisi del 2008 con politiche di austerità, in particolare con tagli alla spesa pubblica, e di ignorare appelli contrari come la Lettera degli economisti che già nel 2010 mette in guardia sulle conseguenze in termini di elevata disoccupazione e sui rischi di tenuta dell’eurozona. Negli Stati Uniti, invece, nel 2009 viene adottata una politica espansiva da 800 miliardi di dollari come l’ American Recovery and Reinvestment Act (ARRA) . Il dibattito sulla sua efficacia si accende sin dai primi annunci. Nel gennaio 2009 duecento economisti, tra cui Michele Boldrin e Alberto Bisin, firmano un appello per esprimere il proprio parere contrario e proporre tagli sia alla spesa pubblica che alle tasse, mentre economisti favorevoli alla politica espansiva, come Paul Krugman e Joseph Stiglitz, criticano lo stimolo per i motivi opposti, considerandolo insufficiente [1] . Continua su Economia e Politica