La caduta delle statue in un mondo di sfruttati e sfruttatori
Una statua che cade è un simbolo che, con una forza dirompente - come non vedevamo da tempo - grida che il mondo è diviso in sfruttati e sfruttatori, ieri e ancora tutt'oggi. Una riflessione sulle proteste di Black Lives Matter per il blog del collettivo Futuro Prossimo (link).
Dopo la tragica morte di George Floyd a Minneapolis, centinaia di manifestanti stanno invadendo le piazze degli Stati Uniti d’America e di tanti altri Paesi in tutto il mondo. La protesta ha conosciuto nuovo vigore con l’abbattimento di diverse statue, come quella del mercante di Bristol impegnato nel commercio degli schiavi Edward Colston e quella dello scopritore del Nuovo Mondo, Cristoforo Colombo, a Boston, Richmond, e Saint Paul. Vengono prese di mira statue che simboleggiano in qualche modo una sciagura tipica dei tempi in cui sono vissuti molti di questi personaggi scolpiti nella pietra: lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Il dibattito pubblico si è particolarmente concentrato nel condannare il comportamento di questi manifestanti, ma è passata quasi inosservata la ragione più profonda che arde nei cuori di chi è spinto a questi forti gesti: l’oppressione, l’umiliazione e lo sfruttamento sono ancora oggi tra noi.
Sono presenti nelle strade dove ha perso la vita George Floyd e sono presenti in tanti angoli del nostro mondo in forme diverse: nel razzismo, nell'omofobia, nella violenza contro le donne e contro le minoranze, nell’oppressione dei popoli da parte dei poteri politici più autoritari ed anche nelle varie forme di sfruttamento dei lavoratori. Sono stati ad esempio al centro del dibattito politico recente le condizioni dei braccianti agricoli in Italia, vittime di un modello di produzione e distribuzione dei prodotti agroalimentari - sul quale la regolarizzazione prevista dal governo non ha avuto effetto - che finisce per schiacciare produttori e braccianti sotto il potere della grande distribuzione organizzata che, da monopsonista, può praticamente fissare prezzi talmente bassi da alimentare una catena di sfruttamento a monte. E siamo consapevoli del fatto che lo sfruttamento è presente anche in tante altre forme di lavoro, soprattutto quelle più precarie, quando il profitto e la rendita si appropriano marxianamente della gran parte del valore prodotto e realizzato.
Quello che sta accadendo nelle proteste di tutto il mondo ci parla anche di questo. Possiamo condannare la pratica e l’atto in sé, ma una statua che cade è un simbolo che, con una forza dirompente - come non vedevamo da tempo - grida che il mondo è diviso in sfruttati e sfruttatori, ieri e ancora tutt'oggi. Parliamo anche di questo, perché è tempo di riformare radicalmente il nostro modello di sviluppo e di società.
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